Fluttuazioni e trend climatici tra l'Arlberg e le Dolomiti

 

L'elaborazione dei trend si focalizza su un'analisi a livello alpino, e quindi con portata transfrontaliera, del clima e del suo sviluppo fino alla fine del periodo climatico 2010. Per l'indagine si è fatto ricorso a valori giornalieri omogeneizzati delle temperature, minime e massime, e delle precipitazioni. L'omogeneizzazione è stata eseguita inizialmente basandosi sui valori giornalieri. Altri parametri interessanti, come la copertura con manto nevoso o la radiazione solare, non si sono purtroppo potuti esaminare a causa della ristrettezza delle risorse disponibili e del fatto che l'applicabilità del metodo non può prescindere da un'elevata densità di dati. La suddivisione in regioni è stata effettuata secondo il record HISTALP (Auer et al., 1999, Böhm et al., 2009). Sul versante nordalpino si trova la regione nord-ovest, a est di Salisburgola regione nord-est. Il limite tra le regioni del sud-ovest e sud-est corre lungo la linea Brunico - Verona. Così la regione sud-est contiene anche le Dolomiti orientali, al contrario della classificazione HISTALP.  Alla fine vi è anche la regione alpina alto da un altitudine di 1500 m. Questa classificazione viene adottato per la presente analisi, la regione nord si trova all'esterno della zona considerata.

 

 

Temperatura

La temperatura dell'aria nello strato atmosferico più vicino al suolo è un'entità importante, se non quella per eccellenza, dell'osservazione climatica. Da ogni serie termica si ricavano altri indicatori, come il numero delle giornate estive o delle giornate di ghiaccio. Per 12 delle 17 stazioni considerate in totale, consistenza e qualità delle serie termiche omogeneizzate sono sufficienti per un'analisi. Queste 12 stazioni servono dunque da base di riferimento per le successive affermazioni. Le quattro stazioni di Kufstein (KUF), Reutte (REU), St. Anton am Arlberg (ANT) e dell'Università di Innsbruck (IBK) sono localizzate nella subregione Settentrionale. A sud della cresta alpina di confine sono Vipiteno-Sterzing (STZ), Lienz (LZ) e Bolzano (BZ) a rappresentare la regione sudoccidentale. Con un influsso mediterraneo già marcato, le stazioni di Sesto-Sexten (SEX), Agordo (AGO), Asiago (ASI) e Fortogna (FOR) rappresentano la regione sudorientale, mentre il clima alpino d'alta quota è sintetizzato dalla stazione di Obergurgl (OBG) sulla cresta alpina di confine.

 

Come già accennato precedentemente, la variabilità interannuale è notevole. Per evidenziare comunque dei trend a lungo termine, le medie storiche sono solitamente definite nell'arco di diversi anni (filtro passa basso). Considerando inoltre che la correlazione spaziale è elevata per la temperatura, anche una media di più stazioni può far chiaramente emergere una tendenza.

Occupiamoci ora dell'andamento della temperatura media annua nelle quattro subregioni visualizzate nella figura 1. Fino al 1934 sono disponibili solo le misurazioni fornite dalla stazione presso l'Università di Innsbruck. Il livello termico è fino ad allora di 1-2 °C inferiore alla media climatica 1981-2010. Considerando ora le medie regionali filtrate che mostrano chiaramente questo sviluppo, si constaterà innanzitutto che la temperatura sviluppa un andamento molto simile nelle singole regioni. Uno scostamento verso temperature più miti riscontrabile nella regione sudoccidentale fino al 1970 circa si spiega fra l'altro con anni di partenza straordinariamente caldi registrati presso la stazione di Vipiteno. Per il resto, il trend è da considerarsi comune alle diverse regioni e alle diverse altitudini, interessando un'area che si estende dal margine alpino settentrionale del Tirolo, oltre la cresta alpina di confine, fino al Veneto. Fino al 1980 prevalgono le fluttuazioni di durata approssimativamente decennale con un innalzamento della temperatura di circa 0.1°C per decade. Questo valore corrisponde essenzialmente al riscaldamento globale. A partire dagli anni Ottanta, la tendenza al riscaldamento aumenta nettamente; nell'ultimo ventennio del secolo l'incremento si aggira tra  0.6 – 1.0 °C (pari a 0.3 – 0.5 °C per decade). Dal 1998 il trend si è leggermente smorzato. Questo effetto “plateau”, noto come hiatus, si osserva anche a livello globale (IPCC 2014). Le ragioni del rallentamento sono ancora controverse; in ogni caso pare che a incidere siano le fluttuazioni climatiche di origine naturale associate a una modifica delle correnti marine. Lo scostamento tipico del valore annuo di una stazione dalla media regionale è sui 2 °C.

 

Fig. 1: Scostamento della temperatura media annua dalla singola media climatica  nell'intervallo 1981 – 2010. I valori delle singole stazioni sono contrassegnati da simboli specificati nella legenda, mentre i colori rappresentano le subregioni (nordoccidentale in azzurro, sudoccidentale in arancio, sudorientale in verde e alpina d'alta quota in magenta). Le linee continue mostrano la media mobile sull'arco di 11 anni.

 

L'evoluzione descritta non ha però un andamento uniforme evidenziando invece particolarità stagionali. La figura 2 illustra l'andamento temporale della temperatura estiva, ossia dei mesi di giugno, luglio e agosto. Anche qui va osservato che le variazioni mostrano parallelismi nel complesso regionale. La descrizione che segue è valida dunque per l'intero territorio considerato, dai monti del Karwendel fino alle propaggini meridionali delle Dolomiti. Fino al 1960 circa prevalgono le oscillazioni quasi-periodiche e non si evidenziano chiari segnali di trend. Fra il 1960 e il 1980, pur rimanendo sullo stesso livello, le estati erano di un buon grado più fresche rispetto alla media climatica attuale. Fino al 2000 le temperature estive sono tuttavia salite nettamente, in media di un buon grado centigrado. Da allora la crescita è rallentata; il già citato effetto “plateau” si osserva anche in estate. Eppure l'estate del secolo, quella del 2003, che nei simboli delle stazioni illustrate in figura 2 spicca per  gli scostamenti positivi più intensi, rientra proprio in questo stesso decennio.

 

Fig. 2: Scostamento della temperatura media in estate (JJA) dalla singola media climatica nell'intervallo 1981 – 2010. I valori delle singole stazioni sono contrassegnati da simboli specificati nella legenda, mentre i colori rappresentano le subregioni (nordoccidentale in azzurro, sudoccidentale in arancio, sudorientale in verde e alpina d'alta quota in magenta). Le linee continue mostrano la media mobile sull'arco di 11 anni.

 

La tendenza appena descritta si riflette anche nello sviluppo storico delle giornate estive. Per “giornata estiva” si intende in climatologia una giornata in cui la temperatura massima giornaliera raggiunge o supera i 25 °C. Confrontando dapprima i dati assoluti di Kufstein e Fortogna illustrati nelle figure 3 e 4, emerge chiaramente che presso la stazione nordtirolese, nel periodo 1981-2010, le giornate estive, con una media di 49, sono in numero nettamente inferiore rispetto alle 63 della stazione veneta. La variazione registrata nel corso degli ultimi decenni è invece analoga. Fino al 1980 domina di anno in anno un'oscillazione di origine naturale. Segue quindi un netto aumento fino al 2000 e da allora il numero di giornate estive permane sullo stesso alto livello, con il record straordinario del 2003. A voler definire un trend lineare, nei 50 anni dal 1961 le giornate estive a Kufstein sono state 31 in più, finendo con il raddoppiarsi. A Fortogna l'aumento non è quantificabile per lo stesso periodo, mancando i dati fino al 1966, ma l'incremento di giornate con una temperatura di almeno 25°C è comunque evidente.

 

Fig. 3: Andamento storico del numero di giornate estive annue a Kufstein

 

 

Fig. 4: Andamento storico del numero di giornate estive annue a Fortagna

 

 

A mostrare l'andamento della temperatura negli inverni degli ultimi decenni è invece la figura 5 per la quale sono riepilogati  i mesi di dicembre, gennaio e febbraio. Innanzitutto emerge che le oscillazioni sono nettamente più marcate che in estate. Ciò si spiega con il fatto che nei mesi invernali domina talvolta l'influsso dell'aria fredda di origine continentale a cui subentrano però nuovamente le masse d'aria temperata di origine marittima. Anche l'ampiezza di scostamento dalla media climatica è maggiore in inverno che in estate. Alcuni inverni marcatamente freddi possono anche scendere di 6°C rispetto alla media sul lungo periodo. Il trend risulta dalle fluttuazioni sopra descritte e da un rialzo osservato a partire dal 1950 con il raggiungimento del massimo sul finire degli anni Novanta. Da allora gli inverni sono stati addirittura lievemente più rigidi, anche se non ogni anno.

 

Fig. 5: Scostamento della temperatura media in inverno (DJF) dalla singola media climatica nell'intervallo 1981 – 2010. I valori delle singole stazioni sono contrassegnati da simboli specificati nella legenda, mentre i colori rappresentano le subregioni (nordoccidentale in azzurro, sudoccidentale in arancio, sudorientale in verde e alpina d'alta quota in magenta). Le linee continue mostrano la media mobile sull'arco di 11 anni.

 

Che effetto ha tutto questo sul numero di giornate fredde? Per capirlo, nelle figure 6 e 7 vengono mostrate le giornate di ghiaccio registrate a Innsbruck e Sesto, in rappresentanza delle stazioni a nord e a sud della cresta alpina di confine. Nelle giornate di ghiaccio, la temperatura massima permane sotto lo zero. Il fatto che il numero assoluto rilevato sul margine settentrionale delle Dolomiti sia più alto che nella valle dell'Inn (si confronti la media climatica con i 31 giorni abbondanti di ghiaccio a Sesto contro i 15 scarsi di Innsbruck) dipende dall'altitudine sul livello del mare. La tendenza alla diminuzione del numero di giorni di ghiaccio a partire dalla metà circa degli anni Sessanta si osserva però per entrambe le località. In media, il numero di giornate in cui nella decade 2001-2010 la colonnina del mercurio non ha superato gli 0°C, si è dimezzato a Innsbruck, rispetto agli anni Sessanta, scendendo invece di un terzo nella località di Sesto.

 

Fig. 6: Andamento storico del numero di giornate annue di ghiaccio a Innsbruck.

 

Fig. 7: Andamento storico del numero di giornate annue di ghiaccio a Innsbruck.

 

La primavera, ossia i mesi da marzo a maggio, mostra un andamento analogo a quello visto per l'estate. In autunno (settembre-novembre) prevalgono invece le oscillazioni climatiche naturali. Ma pur non rilevando, per la maggior parte delle stazioni osservate, tendenze statisticamente significative dal 1961, gli attuali mesi autunnali sono tendenzialmente più caldi rispetto alla prima metà del XX secolo. È conseguentemente cambiata anche l'epoca di accrescimento delle piante, ovvero di attività fotosintetica? A indicarlo è il periodo vegetativo, climatologicamente descritto come il periodo in cui, nella media a lungo termine, la temperatura giornaliera media supera i 5°C. Essendo questa una realtà costante, in estate, a quote più basse, la durata del periodo vegetativo dipenderà, fino alle quote di mezza montagna, dalle condizioni meteorologiche regnanti in primavera e autunno. Per illustrare ancora una volta gli sviluppi per l'area a nord e a sud della cresta alpina di confine, nelle figure 8 e 9 si prendono ad esempio le località di Reutte e Lienz. Prendendo poi Reutte come  riferimento, per il margine settentrionale delle Alpi non si evidenzia alcuna tendenza chiara in termini di durata del periodo vegetativo. Anni caratterizzati da un periodo di crescita più lungo si alternano, ripetutamente e irregolarmente, ad anni con un periodo vegetativo più breve. A Lienz, invece, il periodo vegetativo è andato nettamente allungandosi dall'inizio degli anni Sessanta, e precisamente di 4 settimane circa. Nella conca di Lienz il dato si spiega principalmente con le temperature più miti registrate in primavera.

 

Fig. 8: Durata del periodo vegetativo a Reutte.

 

Fig. 9: Durata del periodo vegetativo a Lienz.

 

 Riepilogando, per l'andamento delle temperature nell'arco alpino centrale è possibile affermare essenzialmente che i trend sono molto simili per l'intera regione considerata, da Außerfern fino a Belluno e a valle come in montagna. Nella media annua prevalgono, fino al 1980, fluttuazioni climatiche di origine naturale. A partire dagli anni ottanta la tendenza al riscaldamento aumenta nettamente. Dal 2000 si osserva un effetto “plateau”, riscontrabile anche a livello globale. In primavera e in estate il succitato riscaldamento si manifesta  molto chiaramente e con un range di oscillazione minimo. Le temperature autunnali sono quelle che hanno subito meno variazioni negli ultimi decenni. In inverno l'ampiezza di fluttuazione è notevole; dal 1950 gli inverni si sono fatti in media nettamente più miti. Le ripercussioni sugli elementi climatici derivati sono evidenziate da queste variazioni: le giornate calde, con giornate estive o notti tropicali, tendono generalmente ad aumentare; le giornate di ghiaccio o gelo sono invece tendenzialmente in diminuzione. Il periodo vegetativo inizia fondamentalmente in anticipo rispetto a cinquant'anni fa.

 

 

Precipitazioni

Accanto all'andamento storico delle temperature si è esaminato anche lo sviluppo delle precipitazioni. Per lo studio delle tendenze si sono potute considerare, oltre alle stazioni descritte sopra, anche le serie di misurazioni fornite per i seguenti siti: per la subregione sudoccidentale le stazioni di San Martino in Passiria (STM), Monte Maria (MAR) in Alta Val Venosta, Bressanone (BRI) in Valle Isarco e Santa Maddalena (MAG) in Val di Casies. Anche per la subregione sudorientale si è presa in considerazione un'altra stazione, quella di Forno di Zoldo (ZOL) nelle Dolomiti sudorientali.

 

Le precipitazioni che ricadono sull'arco alpino sono causate principalmente da sistemi meteorologici a grande scala (fronti), oltre che da eventi convettivi a piccola scala nella stagione calda. I fronti, che dal settore nordoccidentale si spostano in direzione delle Alpi, tendono spesso a indebolirsi sul continente europeo già lungo le proprie direttrici, dando però nuovamente origine a precipitazioni più intense sulle zone marginali ai rilievi alpini per effetto dei fenomeni di Stau. I sistemi meteorologici provenienti dal settore sudovest si rinforzano invece spesso sul Golfo di Genova e la Riviera, “risucchiando” ulteriore umidità sopra al Mediterraneo. Queste circostanze possono originare precipitazioni particolarmente forti a sud della cresta alpina di confine. A livello intralpino, al crescere della distanza dalle zone di Stau sui margini dei rilievi alpini, la quantità media di precipitazioni diminuisce.

 

Sia a nord che a sud, le stazioni esposte direttamente ai fenomeni di Stau (Reutte, Kufstein, Asiago, Agordo e Fortogna) registrano nel lungo periodo una media di 1300-1400 mm di precipitazione annua. Nelle aree intralpine i valori oscillano fra i 700 mm nelle grandi vallate e conche del versante meridionale delle Alpi   (Monte Maria, Bressanone, Bolzano, Vipiteno) e i circa 900 mm nella zona della cresta alpina di confine (Obergurgl, Innsbruck, Lienz). A seconda dello schema predominante nei grandi sistemi, il totale delle precipitazioni risultanti può variare anche considerevolmente nello spazio e nel tempo.

 

Come risulta evidente in figura 10, le precipitazioni annue tendono a discostarsi al massimo di 200-300 mm dalla media del lungo periodo della singola stazione. In casi estremi, tuttavia, sul versante settentrionale delle Alpi le variazioni possono arrivare ai 600 mm, con valori dunque doppi, e triplicarsi addirittura nelle Dolomiti a sudest del versante alpino meridionale, come evidenziano ad esempio le figure 11 e 12 per Kufstein e Fortogna. Come già accennato sopra, questi eventi pluviometrici estremi riscontrati sulle Dolomiti sudorientali si devono soprattutto ai fenomeni di Stau meridionale, prevalenti in autunno (vedi anche carte climatiche precipitazione::media mensile::aprile e precipitazione::valori estremi giornalieri).

 

Fig. 10: Scostamento della somma delle precipitazioni annue dalla singola media climatica nell'intervallo 1981 – 2010. I valori delle singole stazioni sono contrassegnati da simboli specificati nella legenda, mentre i colori rappresentano le subregioni (nordoccidentale in azzurro, sudoccidentale in arancio, sudorientale in verde e alpina d'alta quota in magenta). Le linee continue mostrano la media mobile sull'arco di 11 anni.

 

Diversamente da quanto visto per le temperature, per le precipitazioni non si evidenziano (quasi) tendenze di sorta. Vi sono solo due eccezioni: la prima riguarda la regione sudorientale. Dopo lunghi periodi di piovosità superiore alla media registrati negli anni trenta e nel ventennio 1950-1970, il clima si è fatto leggermente più secco (Fig. 10). La media pluriennale oscilla da allora solo di poco intorno al suo valore medio. Questa tendenza alla diminuzione si osserva per esempio presso la stazione di Fortogna (Fig. 11). Per il periodo 1961-2010 questa tendenza non è però significativa per nessuna delle stazioni dolomitiche.

 

In controtendenza, invece, un significativo aumento delle precipitazioni annue si è registrato presso la stazione di Kufstein sul margine alpino settentrionale (Fig. 12). La cumulata annua è cresciuta di 210 mm nel periodo 1961 – 2010. Nelle altre stazioni del settore nordoccidentale, come ad esempio a Reutte (Fig. 13), non si osserva alcun trend significativo. Il discorso vale anche per tutti gli indici climatici correlati alle forti precipitazioni. Né le cumulate massime giornaliere né quelle sui cinque giorni mostrano per questa regione variazioni o incrementi significativi.

 

Fig. 11: Precipitazioni cumulate annue a Kufstein, evidenziate come scostamento dal valore medio degli anni 1981 - 2010

 

 

Fig. 12: Precipitazioni cumulate annue a Reutte, evidenziate come scostamento dal valore medio degli anni 1981 - 2010

 

Fig. 13: Precipitazioni cumulate annue a Reutte, evidenziate come scostamento dal valore medio degli anni 1981 - 2010

 

Segnali di un incremento delle precipitazioni a nordovest delle Alpi e di un calo a sudest emergono anche dalle indagini dei dati HISTALP (Böhm 2008, p. 58). Essi si riferiscono tuttavia a regioni più ampie dello spazio alpino allargato.

Correlata a un cambiamento nelle precipitazioni è la questione di un aumento o una diminuzione della durata dei periodi secchi. In generale si osserva che la durata dei periodi senza precipitazioni dipende principalmente dalla posizione rispetto alla cresta alpina di confine. Nelle stazioni a nord della cresta, la massima fase secca annua dura in media tre settimane, mentre a sud arriva a quattro-sei settimane. Il dato appare evidente nel confronto Innsbruck-Sesto (Fig. 14 e 15). Con una precipitazione annua pressoché identica, di circa 860 mm, a Sesto i periodi secchi durano mediamente due settimane in più che a Innsbruck. Come in tutte le altre stazioni, non si nota però qui alcuna tendenza di rilievo. Nessun cambiamento, dunque, per le fasi secche. 

 

Fig. 14: Massimo periodo di secco a Innsbruck.

 

Fig. 14: Massimo periodo di secco a Sesto.

 

 

 

 

Bibliografia:

Auer I, Böhm R, Schöner W, 1999. ALOCLIM – Austrian-Central European long-term climate. Creation of a multiple homogenised long-term climate dataset. In: Proceedings of the 2nd seminar for homogenisation of surface climatological data. Budapest, Nov.1998. WCDMP 41, WMO-TD 962: 47-71

Böhm R, 2008: Harte und weiche Fakten zum Klimawandel – ein Überblick. In: Böhm R, Godina R, Nachtnebel HP, Pirker O, (Red.), Auswirkungen des Klimawandels auf die österreichische Wasserwirtschaft. Edito da BmLFUW e ÖWAV, Vienna, 53-70

Böhm R., Auer I., Schöner W., Ganekind M., Gruber C., Jurkovic A., Orlik A., Ungersböck M., 2009b: Eine neue Webseite mit instrumentellen Qualitäts-Klimadaten für den Grossraum Alpen zurück bis 1760. Wiener Mitteilungen Band 216: Hochwässer: Bemessung, Risikoanalyse und Vorhersage

IPCC 2014, Climate Change 2014: Synthesis report, Intergovernmental Panel on Climate Change, 27th October – 1st November 2014, Kopenhagen.

 

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