Il clima nell'area del progetto

 

Area di indagine

Le Alpi sono la catena montuosa più alta d'Europa e, al tempo stesso, la regione d'alta quota più densamente popolata al mondo. È proprio nel cuore dell'arco alpino che si trova l'area di indagine e definizione dello stato medio del clima nell'ultimo trentennio 1981-2010, realizzata sulla scorta di analisi spaziali ed elaborazioni cartografiche. Le mappe climatiche così ottenute comprendono tutte le zone della regione alpina del Tirolo (Fig. 1 e 2): il Tirolo settentrionale e orientale, rientranti nel Land federale austriaco del Tirolo, l'Alto Adige e il Trentino facenti parte del territorio dello Stato italiano. Anche la provincia veneta di Belluno, comunque interamente inclusa nella mappatura elaborata, è stata inserita nelle trattazioni. L'area di studio comprende pertanto una superficie di 30.000 km² e si estende, sia in direzione nord-sud che est-ovest, su un tratto di circa 225 km. Sono quasi due milioni gli abitanti di questa regione montana. La mappatura climatica interessa dunque un sesto della superficie alpina e un settimo della popolazione delle Alpi.

 

Fig. 1: Prospetto topografico dell'area di indagine

 

Fig. 2: Nomi geografici nell'area di indagine.

 

Il Tirolo e l'area circostante vengono inevitabilmente associati ai rilievi d'alta quota. La topografia di questa regione ne condiziona variamente le caratteristiche climatiche, ma anche lo stesso clima incide sulla formazione e distribuzione dei paesaggi, dei corsi d'acqua e degli insediamenti. Su scala continentale, le Alpi si situano nell'area di sovrapposizione tra l'influsso umido-moderato del Nordovest atlantico, quello secco con inverni freddi ed estati calde dell'Est continentale e quello caldo, con inverni umidi ed estati asciutte del Sud Mediterraneo. Le masse d'aria di origine marittima devono percorrere 850 km dal Golfo di Biscaglia, 650 km dal Mare del Nord, 190 km dal Mar Ligure e solo 60 km dall'Adriatico per raggiungere, lungo il percorso più breve, i margini dell'area alpina. La catena montuosa ostacola la penetrazione diretta delle correnti d'aria, deviandone il corso. La deviazione più nota è il Föhn, o Favonio, vento caldo-secco di caduta. Luogo di scontro diretto privilegiato delle masse d'aria è, spesso, la cresta alpina di confine, ma già le antistanti creste montane delle Alpi settentrionali e meridionali sono interessate da fenomeni analoghi. Nel cuore delle Alpi, circondata da alte catene montuose, la Val Venosta è la zona più efficacemente protetta dagli apporti di umidità. Non sorprende, dunque, che proprio qui si trovi una delle aree più secche dell'arco alpino. In nessun altro luogo la distanza dai margini montani è tanto grande. La larghezza dell'arco alpino, che arriva a 240 km, non è in nessun altro posto tanto massiccia come nell'area oggetto di indagine.

 

L'estensione verticale del rilievo nell'area di studio è altrettanto impressionante. Dopo avere profondamente inciso il paesaggio, il fiume Sarca si getta nelle acque del Lago di Garda a un'altitudine di soli 65 m, mentre l'Ortles spicca sul paesaggio con i suoi 3899 m di altitudine. Pur sempre la metà della superficie del territorio si colloca nella fascia compresa fra i 1000 e i 2000 metri di quota; solo un quinto si trova a quote più basse e il restante 30% più in alto. L'altitudine media è di 1620 m. Anche la pendenza dei versanti, in media sui 23°, conferma per l'area esaminata i caratteri della zona d'alta montagna. Solo il 5 % della superficie è da considerarsi pianura (con una pendenza inferiore ai 3°). Corrispondentemente elevati sono i valori del rilievo relativo (cosiddetta “energia del rilievo”): su scala areale, il dislivello è di ben 1380 m nel raggio di soli 3 chilometri. L'assetto del terreno, l'inclinazione e l'orientamento dei pendii hanno un influsso decisivo sulle condizioni di irraggiamento. I pacchetti d'aria, che tendono a raffreddarsi per effetto della radiazione notturna emessa dalla Terra, diventando più pesanti scorrono giù dai pendii, raccogliendosi a valle, e nelle conche, in laghi di aria fredda. Viceversa beneficiano piacevolmente dell'irraggiamento i versanti esposti a sud, sui quali (variabilmente a seconda delle stagioni) i raggi del sole arrivano perpendicolari. I pacchetti d'aria riscaldati (termica) salgono, dando origine alla nuvolosità cumuliforme estiva, più concentrata lungo i rilievi che a bassa quota.

 

I prevalenti sistemi vallivi, profondamente incisi, dell'Inn e dell'Adige a sud formano gli assi principali dell'insediamento umano. A questi si aggiungono la Drava nel Tirolo orientale e il Piave in provincia di Belluno. Mentre le acque dell'Inn e della Drava, affluenti del Danubio, scorrono verso il Mar Nero, i fiumi Adige, Piave, ma anche Chiese, Sarca e Brenta, si gettano nell'Adriatico. Lo spartiacque continentale scorre dapprima lungo la cresta alpina di confine, piegando a sud sugli Alti Tauri occidentali e, dopo avere attraversato nella Conca di Dobbiaco la Val Pusteria, prosegue sulle Dolomiti di Sesto in direzione est, fino alla cresta principale delle Alpi Carniche. Piccolissime zone al confine con il Vorarlberg rientrano persino nel bacino idrografico del Reno, con riversamento delle acque nel Mare del Nord. Il Trentino ha accesso al Lago di Garda, il bacino lacuale più grande d'Italia e unico grande specchio d'acqua interno nell'area considerata nello studio. Il calore accumulato nel suo corpo idrico ha un effetto mitigante sulle temperature delle zone rivierasche. Decisamente più piccoli sono il Lago di Santa Croce e il Lago di Resia, in parte o in tutto nati con la costruzione di opere di sbarramento.

 

Come l'idrologia del territorio, anche la copertura del suolo non ha conservato il suo stato naturale. Iniziata nel Medioevo, la crescente sottrazione di terreni al bosco, per destinarli al pascolo o alla coltivazione agricola, ha comportato modifiche di rilievo per il clima, come la variazione dell'albedo (la capacità della superficie di riflettere la radiazione incidente), dei tassi di evaporazione e rugosità del suolo. Anche in conseguenza di un effetto antropico indiretto, la superficie coperta dai ghiacciai è in diminuzione. Stando ai dati aggiornati, la regione conta 857 ghiacciai su una superficie totale di 409 km², di cui tre quarti sul territorio austriaco. Da sottolineare è l'effetto isola di calore nelle grandi città, un fenomeno causato principalmente dal maggior riscaldamento delle superfici edificate e dalla ridotta dispersione per evaporazione, dovuta al ridursi dell'estensione delle aree verdi. Con Innsbruck, Trento e Bolzano, ben tre delle quattro grandi urbanizzazioni intralpine con più di 100.000 abitanti rientrano nell'area oggetto di indagine. Curiosamente mancano nella regione le città di medie dimensioni, con Rovereto, Merano e Belluno costituenti centri urbani già nettamente più piccoli.

 

Riuscire a descrivere esaurientemente la straordinaria varietà del clima alpino in Tirolo, Trentino e provincia di Belluno, oscillante fra il clima glaciale freddo-umido delle regioni dei ghiacciai e il clima pressoché subtropicale delle vallate meridionali, tra Föhn e laghi di aria fredda, accumulo delle precipitazioni da Stau e ombre pluviometriche, masse nevose e posizioni soleggiate, con i loro forti contrasti spesso concentrati in spazi ristretti, è un'impresa impossibile, data la scarsità di conoscenze, dati, metodi e modelli disponibili. La selezione di mappe climatiche che proponiamo di seguito mira tuttavia a fornire un utile spaccato di questa complessa realtà.

 

I dettagli sui metodi della mappatura sono descritti quì.

 

 

Temperatura

La temperatura dell'atmosfera vicina al suolo è il parametro più frequentemente considerato in climatologia. È uno dei fattori ecologici più importanti in assoluto, capace di condizionare sensibilmente, ad esempio, il bilancio termico degli organismi viventi. La temperatura dell'aria è espressione dell'energia cinetica delle molecole dell'aria. La sua diminuzione con il crescere dell'altitudine (nella media climatica) è una conseguenza del ridursi della compressione dell'aria, ossia della minore pressione atmosferica. La distribuzione spaziale delle temperature nell'area montana di indagine dipende dunque principalmente dall'altitudine. Ad essa si sovrappongono particolarità del clima topografico, quali i laghi di aria fredda, gli influssi lacustri e del Föhn, oltre alle isole di calore urbane. La temperatura dell'aria è condizionata principalmente dal bilancio della radiazione della superficie terrestre e mostra dunque fluttuazioni nell'andamento giornaliero o stagionale. La capacità di accumulo termico del terreno posticipa tuttavia di alcune ore o settimane il manifestarsi di estremi termici giornalieri o annui rispetto ai corrispondenti massimi di radiazione. La temperatura dell'aria è inoltre soggetta a oscillazioni di origine naturale e antropica protratte nel tempo (vedi fluttuazioni e trend climatici tra l'Arlberg e le Dolomiti). Le analisi che seguono si basano sui valori medi giornalieri della temperatura calcolati, come d'abitudine in Austria, come media aritmetica dell'osservazione mattutina (ore 07:00) e serale (ore 19:00). Le medie giornaliere per Italia, Germania e Svizzera, rispondenti ad altre convenzioni regionali, sono state adeguate a questo metodo di calcolo della media.

 

La temperatura media dell'aria calcolata sull'intero arco dell'anno è il tipo di rappresentazione più generica del clima termico (mappa climatica temperatura :: media totale). Nelle vallate densamente popolate si colloca fra i 7 e i 9°C a nord e fra i 9 e i 12 °C a sud della cresta alpina di confine. Mentre i punti più caldi (13° C) si individuano sulla riva settentrionale del Lago di Garda, località situate in vallate d'alta quota come Kühtai o Solda fanno registrare temperature medie annue di soli 2°C. L'isoterma zero gradi oscilla grossolanamente, da nord a sud, fra quota 2300 e quota 2600 m s.l.m. Sulla vetta dell'Ortles la temperatura media annua si attesta a soli -9°C. La media spaziale per l'area di indagine considerata è di 4°C.

 

L'andamento annuale della temperatura mostra chiare differenze regionali (mappa climatica temperatura :: media mensile). Con una media spaziale di –4° C, il mese di gennaio è il più freddo dell'anno. Talune zone intralpine come la Val Defereggen (–8° C), la Val Badia (–7° C) e la Valle di Paznaun (–6° C) presentano temperature assai rigide a causa della frequente formazione di strati di inversione termica di valle. In funzione dell'ampiezza della valle, dell'orientamento e dell'esposizione alla radiazione solare, la temperatura varia fortemente anche fra valli vicine, per esempio fra la Val Badia e la Valle del Boite. Mentre le temperature medie a nord della cresta alpina di confine permangono costantemente sotto lo zero, nella Valle dell'Adige e nella zona meridionale della Provincia di Belluno oscillano intorno ai 0 gradi centigradi. La zona con temperature più miti è nella Valle del Basso Sarca con temperature medie che arrivano ai 3°C. Nelle regioni delle vette alpine d'alta quota, le medie mensili si attestano a soli -15°C. Le temperature medie di gennaio riferite all'intera regione si sviluppano su un arco piuttosto ristretto di 18°C.
Su scala regionale, il mese di febbraio è leggermente più mite di gennaio ma, oltre quota 1800 m circa, il secondo mese dell'anno è addirittura più freddo del primo (fino a -16°C in vetta all'Ortles). In marzo si riduce invece sensibilmente l'alterazione della distribuzione verticale della temperatura dovuta agli strati di inversione termica nelle vallate.


Nel mese di aprile le temperature crescono rapidamente a bassa quota, mentre ad altitudini più elevate la progressione è lenta. Oltre i 2000 m circa prevalgono ancora le gelate; sulla cima dell'Ortles i -11°C sono nella norma, a metà primavera. Il motivo va cercato nello spesso manto nevoso, ancora presente in questa stagione in alta montagna, il quale riflette buona parte della radiazione solare incidente. Nei centri urbani localizzati a quote più basse la temperatura media raggiunge in aprile gli 8°C (a Lienz), 10°C (a Innsbruck e Belluno) o i 12°C (a Bolzano). A Trento le temperatura sono ancor più calde (13°C). Un valore di 2°C è da considerarsi un valore rappresentativo per l'intera regione.
Il più intenso innalzamento termico da un mese all'altro si verifica fra aprile e maggio. A giugno il legame fra distribuzione delle temperature e topografia è più stretto giacché la notevole altezza del sole sull'orizzonte comporta un'efficace redistribuzione verticale degli strati inferiori dell'atmosfera.

 

Con una media a terra di 13°C, il mese di luglio è il più caldo dell'anno. Massimo è, contemporaneamente, anche il divario termico fra punto più freddo (vetta dell'Ortles: -2°C) e punto più caldo (Valle del Basso Sarca: 24°C), con una differenza di 26°C. Il limite medio del gelo è intorno ai 3600 m di altitudine. In piena estate, dunque, le regioni d'alta montagna risultano ancora sensibilmente più fredde rispetto alle aree più calde della zona d'indagine nel cuore dell'inverno. Valori fra i 17 e i 19° C sono da ritenersi rappresentativi per le vallate principali del Tirolo settentrionale e orientale, mentre per le vallate principali dell'Alto Adige, del Trentino e della Provincia di Belluno lo sono temperature comprese fra i 21 e i 23°C.
Il mese di agosto è caratterizzato da uno schema termico analogo a quello di luglio, con temperature lievemente più fresche solo nelle valli. Da agosto a settembre la media della temperatura dell'aria al suolo scende da 13 a 9 °C. L'abbassamento autunnale delle temperature si produce più rapidamente nelle vallate che sulle montagne.

 

Nel mese di ottobre il limite medio dello zero termico è a quota 2700 m s.l.m., nettamente più in alto rispetto a metà primavera. Sulle vette più alte, le temperature di ottobre oscillano intorno a –8° C. La media mensile per Valle dell'Inn, Val Venosta, Val Pusteria e Cadore resta sotto i 10°C. Da Merano, Chiusa e Perarolo di Cadore, scendendo il corso del fiume, si raggiungono medie mensili di 10-12°C, fino ai 14°C di Arco.
Il raffreddamento stagionale è massimo nel passaggio da ottobre a novembre. Le notti più lunghe e le frequenti aree di alta pressione favoriscono l'abbassamento delle masse d'aria in raffreddamento e la formazione di laghi di aria fredda. Le medie di novembre sono dunque già inferiori allo zero termico nelle vallate d'alta quota come la Valle di Paznaun, l'Altopiano di Seefeld, la Val Defereggen, la Conca di Dobbiaco e la Val Badia. Il Lago di Garda ha invece un effetto mitigante sull'immediata zona ripariale. A dicembre la distribuzione termica diventa ancor più disomogenea. Il calo termico spostandosi verso la zona di mezza montagna è debole; solo oltre i 2000 m circa la temperatura scende nettamente.

 

Le medie delle temperature minime e massime annuali dell'aria vengono calcolate sulla base delle minime e massime termiche del trentennio. In singole annate si sono dunque registrate temperature ancora più basse, o più alte. In buona parte del Tirolo settentrionale e orientale, in Alta Val Venosta, in Val Pusteria e nelle valli dolomitiche interne, la temperatura minima annua si attesta in media fra -18 e -16 °C (mappa climatica temperatura :: media della minima annuale). Meno fredda è l'area urbana di Innsbruck e l'ansa dell'Inn in zona Landeck. Ancor più fredde sono invece, per esempio, l'Alta Val Badia (–21° C), la Valle di Paznaun (–22° C) e la Val Defereggen (–23° C), la valle in assoluto più fredda dell'area considerata. La Val di Achen è l'unica zona sotto i 1000 metri di altitudine a far registrare in media temperature inferiori a -20°C. Sulle montagne questi valori si riscontrano solo a quote superiori ai 2200 m circa. Sulla cima dell'Ortles si raggiungono regolarmente temperature di -30°C. Da Silandro a Fortezza scendendo il fiume, il freddo è mitigato di colpo: le temperature fra i –12 e i –9° C sono minime annue abituali nelle vallate meridionali principali, arrivando a -6°C direttamente sulle sponde del Lago di Garda.

 

La temperatura massima annua si colloca abitualmente fra i 32 e i 34°C (mappa climatica temperatura :: media della massima annuale) in molte valli della regione considerata, come nella Valle dell'Inn, in Val Venosta, in Valle Isarco, nella Conca di Lienz e in Valbelluna. Le medie annue delle temperature massime tendono omogeneamente a diminuire al crescere dell'altitudine, fino ai 23°C circa registrati nelle aree vallive più alte, a quota 2000 m circa. Ad altitudini analoghe, le zone di valico sono di uno o due gradi più fresche. Anche sulle vette più elevate si raggiungono ogni anno temperature nettamente positive, come i 7°C sull'Ortles. Queste massime annue tipiche arrivano a 35-36°C nella Valle dell'Adige; anche molto più a monte del fiume, a Merano, sono di 36°C. La località più torrida è Bolzano, dove si raggiungono abitualmente i 37°C.

 

Consultando i valori soglia ed eseguendo somme e differenze è possibile derivare un gran numero di indicatori termoclimatici utili per diverse applicazioni particolari. Una selezione di questi indicatori viene illustrata di seguito con l'ausilio di descrizioni e mappe. Il numero annuo di giornate di ghiaccio comprende i giorni in cui la temperatura massima permane sotto lo zero. Anche nella media a lungo termine esso varia sensibilmente all'interno dell'area considerata nell'indagine (mappa climatica temperatura :: giorni di ghiaccio): nella Valle del Basso Sarca, le giornate di ghiaccio capitano meno di una volta all'anno (e precisamente una volta ogni cinque-dieci anni). Al contrario, sulle vette più alte, fino a tre quarti dell'anno sono caratterizzati dalla presenza di gelo permanente. Il contrasto fra le vallate più fredde del Tirolo settentrionale e orientale e quelle più calde meridionali emerge con chiarezza. Da notare, in particolare, il marcato gradiente nel punto di transizione dalla Val Pusteria, costantemente fredda (fino a sette settimane di giornate di ghiaccio), alla Valle Isarco, termicamente favorita (circa una settimana di giornate di ghiaccio).

 

Il numero annuo di giornate estive consiste nel totale delle giornate con temperature massime di 25°C o più. Sono da 50 a 60 le giornate estive registrate mediamente all'anno nella Valle dell'Inn e nella Conca di Lienz (mappe climatica temperatura :: giorni estivi). In Val Venosta, Valle Isarco, in Valsugana e Valbelluna, temperature oltre i 25°C si raggiungono abitualmente in 60-90 giornate all'anno. Persino 100-125 giornate estive lungo l'Adige, fra Merano e Rovereto, sono tutt'altro che insolite, superate solo da Arco, nella Valle del Basso Sarca. Ad altitudini più elevate, il numero di giornate estive è condizionato da influssi locali come l'orientamento dei versanti e il volume d'aria di una valle. A circa 1500 m s.l.m. il numero oscilla fra 1 e 20 giornate estive. Il limite superiore delle giornate estive è a circa 2000 m di altitudine, ma varia sensibilmente su scala regionale.

 

Le giornate in cui la temperatura dell'aria attraversa lo zero termico vengono indicate come giornate di gelo/disgelo. In queste giornate la temperatura minima è inferiore allo zero e quella massima superiore allo zero. Il numero annuo di giornate di gelo/disgelo è, rispetto al numero di giorni di gelo costante (giornate di ghiaccio), un indicatore più eloquente dell'intensità di disgregazione meteorica (weathering) delle rocce e opere tecniche. Il loro schema spaziale mostra un complesso interagire di effetti altimetrici e di inversione (mappa climatica temperatura :: giorni di gelo/disgelo). Laddove il gelo tende a prodursi essenzialmente con minore frequenza, come nella Valle del Basso Inn, nella Valle dell'Adige e in Valbelluna, anche il numero di giornate di gelo/disgelo è contenuto. Lo stesso si verifica nelle aree alpine d'alta quota, anche se in queste zone il fenomeno accade perché nella maggior parte delle giornate la temperatura permane sotto lo zero. Le zone di mezza montagna e in particolare le vallate intralpine più alte fanno registrare il maggior numero di giornate di gelo/disgelo. Il picco si osserva in Val di Fassa.

 

Per gradi giorno si intende la somma, estesa a tutti i giorni dell'anno, delle differenze giornaliere tra la temperatura ambiente (fissata a 20°C) e la temperatura media (esterna) diurna. Solo i giorni di riscaldamento con una temperatura media (esterna) di massimo 12°C vengono presi in considerazione ai fini del calcolo. I gradi giorno annui sono dunque un indicatore del fabbisogno termico di energia necessario nel periodo convenzionale di riscaldamento. La distribuzione spaziale dei valori è strettamente legata all'altitudine (mappa climatica temperatura :: gradi-giorno). Il livello è in generale lievemente più alto nella zona settentrionale della regione rispetto alla parte meridionale. I valori vanno dai 2500° C circa della Valle dell'Adige agli oltre 3000° C della Valbelluna, ai 3500° C della Valle dell'Inn fino ai 4000° C della Conca di Lienz. I rifugi di montagna a quota 2000 m presentano un fabbisogno annuo di riscaldamento di circa 6000° C. A quota 3000 m i gradi giorno arrivano a 8500°C circa.

 

Per periodo vegetativo si intende quella fase dell'anno in cui le piante sono fotosinteticamente attive, ossia crescono, fioriscono e fruttificano. Il periodo vegetativo oltre la soglia dei cinque gradi comprende la più lunga fase continua di giornate con una temperatura media di almeno 5°C. Viene fatta tuttavia rientrare già, o ancora, nel periodo vegetativo anche una fase precedente o successiva a questa serie di giorni miti, quando questa duri più a lungo della somma di tutti i giorni intermedi più freschi. La soglia dei cinque gradi ha una validità agricola generale e viene correlata all'evidente aumento della vigoria vegetativa delle piante. La distribuzione spaziale di durata, inizio e fine della vigora vegetativa è visibile nelle mappe climatiche temperatura :: periodo di vegetazione t ≥ 5°C. Lungo l'Adige, da Avio a Merano, il periodo vegetativo ha solitamente inizio già prima della fine di febbraio. Nel corso del mese di marzo, il periodo di crescita vegetale inizia nella maggior parte delle zone a bassa quota della regione considerata. Nell'Außerfern, nella Leuckental, in Val Pusteria e nella Valle del Boite questa fase arriva solo in aprile. A maggio, giugno e luglio, l'inizio del periodo vegetativo si estende ai 1700, 2300 e 2800 m di altitudine, pur con notevoli differenze nord-sud in queste altitudini medie. La fine del periodo vegetativo si produce abitualmente nel mese di agosto sui 2700 m e a settembre intorno ai 2200 m s.l.m.. Durante la seconda metà di ottobre il periodo vegetativo termina nelle prime zone a bassa quota, ossia nell'Außerfern, nell'Alta Val d'Isarco-Wipptal e in Val Pusteria. Nella Valle dell'Adige sotto Merano, in Valsugana e Valbelluna la stagione vegetativa si protrae fino alla seconda metà di novembre. Nella Valle del Basso Sarca il periodo vegetativo prosegue fino ai primi giorni di dicembre. Nelle zone termicamente favorite delle vallate meridionali più basse ci sono a disposizione, ogni anno, dai nove ai dieci mesi circa per lo sviluppo delle piante. Nella Valle dell'Inn, nella Conca di Lienz e in Val Pusteria, la fase vegetativa va dai sette agli otto mesi abbondanti.

 

 

Precipitazioni

Con il termine precipitazione si intende l'acqua condensata proveniente da nubi e nebbia che raggiunge la superficie terrestre allo stato liquido, sotto forma di pioggia e pioviggine, o allo stato solido, sotto forma di neve, grandine, chicchi di ghiaccio e gragnola. Unitamente all'evapotraspirazione (potenziale), la precipitazione determina il bilancio idroclimatico. Essa condiziona la conformazione della rete fluviale di superficie, le possibilità di sfruttamento dell'energia idraulica, la formazione delle falde idriche, le caratteristiche della vegetazione naturale e l'attività agricola. Considerato come la distribuzione delle precipitazioni vari notevolmente nello spazio e nel tempo, la rete di misurazioni pluviometriche è il più fitto di tutti i parametri climatici. Purtuttavia, solo il 3% dei dati disponibili proviene dalle stazioni di misurazione ubicate su quel 30% della superficie regionale situata oltre i 2000 m di altitudine. (Per le unità pluviometriche che non richiedano una risoluzione giornaliera, lo svuotamento  più raro dei recipienti di raccolta, cosiddetti totalizzatori, migliora lievemente la situazione  dati). A questo si aggiunge il problema fondamentale delle misurazioni pluviometriche, ossia la deriva di origine eolica delle idrometeore sul recipiente di raccolta, un fenomeno particolarmente grave soprattutto ad alta quota, a causa delle elevate velocità del vento e della maggior quota di precipitazioni nevose. Per le raffigurazioni cartografiche che seguono, tutto ciò significa due cose: la qualità delle mappe diminuisce visibilmente all'aumentare dell'altitudine, con i dati della zona alpina d'alta quota che finiscono con l'avere mero carattere di ordini di grandezza; secondariamente, tutte le analisi si riferiscono alla  quantità di precipitazioni misurata, anche se il totale di precipitazioni effettivamente cadute può essere potenzialmente superiore.

 

La somma delle precipitazioni annuali o mensili per unità di superficie (espressa in litri per metro quadro) corrisponde nella media del lungo periodo al livello delle precipitazioni cumulate, misurate (in mm) nell'arco di un anno o di un determinato mese solare. L'aumento generico delle precipitazioni al crescere del livello altimetrico non è sufficiente a spiegare la distribuzione delle precipitazioni nell'anno medio (mappa climatica precipitazione :: cumulata media annuale). L'innalzamento delle masse d'aria umida lungo le catene montuose genera precipitazioni di Stau nettamente più intense sul versante montano esposto al vento, soprattutto sul margine alpino, lasciando l'aria più secca sul lato sottovento (Föhn), soprattutto nelle vallate intralpine. Le Alpi calcaree settentrionali ricevono dunque elevate precipitazioni dalle correnti nordoccidentali, proprio come le Alpi meridionali le ricevono dalle correnti meridionali. L'esempio più drastico è dato dal dislivello improvviso che si incontra fra le Alpi dell'Allgäu (2800 m circa), dove si registrano le cumulate medie annue più alte della regione, e la Valle dell'Alto Inn (circa 700 mm). Sulle Dolomiti il passaggio è molto più morbido. La valle più asciutta della regione, inserita nel cuore delle Alpi, è la Val Venosta (530 mm). Lungo la cresta alpina di confine le precipitazioni variano notevolmente fra gli Alti Tauri, che ricevono molte precipitazioni sia da nord che da sud, e le Alpi Venoste di Levante, più secche. La cumulata media annua è di 1300 mm nella media areale dell'intera regione di indagine.

 

Il variamento delle precipitazioni durante l'anno è osservabile guardando le mappe climatiche di precipitazione :: cumulata media mensile. A gennaio l'area di indagine riceve circa 65 mm di precipitazioni. Localmente, la quantità di precipitazioni varia tuttavia in maniera considerevole. Mentre sulle Alpi calcaree settentrionali cadono complessivamente fino a 250 mm di precipitazioni, principalmente in forma nevosa, sulle Alpi meridionali (con l'eccezione delle Alpi Vicentine) si rilevano in generale cumulate più basse, fra i 40 e gli 80 mm. Discorso identico per alcune zone delle Alpi centrali; nelle Alpi dello Stubai e della Zillertal, gennaio è il mese dell'anno con la maggiore scarsità di precipitazioni. Zone marcatamente secche si individuano a valle, fra il Lago di Resia e Bolzano, nonché più oltre, verso Dobbiaco, dove in un gennaio medio scendono meno di 25 mm di precipitazioni, localmente anche solo 15 mm. Febbraio è solitamente il mese dell'anno più povero di precipitazioni, sia a livello areale che nella maggior parte delle sezioni dell'area di indagine considerata. A marzo si rafforzano le precipitazioni di Stau, sia in provenienza da nord che da sud.

 

Ad aprile (su scala areale la precipitazione media mensile si attesta sui 100 mm) si rinforza nettamente il fenomeno di Stau a sud, mentre le precipitazioni tendono a diminuire sulle Alpi calcaree settentrionali. I gruppi dell'Ortles, Adamello-Presanella e Dolomiti ricevono quindi precipitazioni mensili (fra 70 e 200 mm circa) paragonabili a quelle delle catene montuose settentrionali, fra le Alpi della Lechtal e il massiccio del Kaisergebirge. Le Alpi dell'Ötztal e le Alpi Sarentine, con cumulate mensili generalmente sotto i 100 mm, restano essenzialmente più asciutte. Nell'Außerfern e nella Valle dell'Alto Inn, Verwall e Silvretta, il mese di aprile è solitamente il mese dell'anno con meno precipitazioni. Per quanto riguarda il fondovalle dell'Inn, le precipitazioni medie mensili si riducono di oltre due terzi dal confine bavarese verso quello dei Grigioni. Analogamente ripartiti sono anche gli estremi spaziali: 30 mm nella Valle dell'Alto Inn contro i 300 mm nelle zone d'alta quota delle Alpi Vicentine. A maggio aumenta il contributo delle precipitazioni convettive da rovesci e temporali, con conseguenti maggiori quantità di precipitazioni anche nelle zone intralpine. La variabilità delle precipitazioni di maggio (vista in relativo) risulta conseguentemente la più equilibrata. La media areale delle precipitazioni continua poi a crescere nel mese di giugno. Questo si deve a un rinforzo delle precipitazioni nei due terzi settentrionali dell'area di indagine, mentre l'aria a sud della Val Venosta, Val di Fiemme e Valle del Boite inizia a seccarsi sotto il crescente influsso delle zone d'alta pressione subtropicale.

 

A livello areale, il mese più caldo dell'anno è anche quello con le precipitazioni più abbondanti. Più in dettaglio, il discorso vale per le zone a nord di Val Venosta e cresta dolomitica di confine, comprendendo anche queste. Il mese di luglio porta solitamente oltre 150 mm di precipitazioni nella media areale, il che corrisponde quasi al triplo della cumulata media di febbraio. All'apice della stagione convettiva, scendono fra i 70 mm e ben oltre i 300 mm di precipitazioni fra la Val Venosta e le cime degli Alti Tauri. Più a sud le precipitazioni diminuiscono ulteriormente in piena estate, pur rimanendo comunque sui 90-190 mm. Ad agosto le cumulate restano a un livello generalmente alto. Verso il mese di settembre le precipitazioni medie totali diminuiscono, con l'eccezione del gruppo meridionale dell'Adamello e delle Alpi Vicentine.  

 

Nel mese di ottobre (con una media spaziale ferma sui 120 mm), aumentano i contrasti. Da un lato cresce, per effetto del raffreddamento del continente, l'influsso delle zone di alta pressione autunnale costante. Diminuiscono dunque le precipitazioni lungo la cresta alpina di confine e a nord di essa, scendendo a 80 – 180 mm e persino a 45 mm, come nel caso estremo della Valle dell'Alto Inn. Nelle zone d'alta quota delle Alpi Calcaree settentrionali, il mese di ottobre è quello più povero di precipitazioni nella media annua. Dall'altro, le fasi di stabilità meteorologica vengono interrotte da zone isolate di bassa pressione in lento avanzamento dalle acque calde del Mar Ligure e Adriatico, le quali si trattengono soprattutto sulle Alpi meridionali dando origine a intense precipitazioni. Anche nella media del lungo periodo nelle zone d'alta quota delle Alpi Vicentine si raggiungono ben oltre 300 mm di precipitazioni e anche le vallate meridionali sono bagnate da 150-220 mm di piogge. La zona a sud della linea Ortles – Val di Sole – Termeno – Alpi della Val di Fiemme – Marmolada – Sappada soddisfa quindi in termini di precipitazioni il criterio del clima mediterraneo, con un massimo di precipitazioni mensili non primariamente localizzate in estate, bensì in autunno. Nel mese di novembre le precipitazioni tendono per lo più a diminuire lievemente, rispetto al mese precedente. Non però nelle Alpi calcaree settentrionali e nelle zone d'alta quota degli Alti Tauri dove i fronti atlantici provocano invece un aumento delle precipitazioni. Dal Gruppo Adamello-Presanella fino alle Alpi Carniche meridionali, l'influsso della zona di bassa pressione mediterranea continua ad essere forte. A dicembre, nelle zone a sud della cresta alpina di confine, il clima si fa nettamente più secco, mentre le cumulate di precipitazioni ad ovest e a nord della Valle dell'Inn, nonché a nord delle Alpi di Kitzbühel continuano ad aumentare.

 

Il numero annuo di giorni con precipitazioni corrisponde al totale annuale delle giornate in cui la quantità di precipitazioni cadute è di 1 mm o più. La maggior parte dei giorni con precipitazioni si è registrata, per gli effetti di Stau, nelle Alpi settentrionali (mappa climatica precipitazione :: giorni con precipitazione ≥ 1mm). Pioggia e neve cadono sulle vette dalle Alpi dell'Allgäu, al Karwendel fino alle Alpi di Kitzbühel fino a 180 giorni all'anno. Valori analoghi si ritrovano direttamente anche sulla cresta alpina di confine degli Alti Tauri, che riceve precipitazioni sia da nord che da sud. Circa 160-130 giorni con precipitazioni sono la norma per, rispettivamente, il Gruppo Adamello-Presanella e le Alpi dell'Ötztal. Sulle Dolomiti la distribuzione temporale delle precipitazioni, con 120 giorni, è più episodica. Le precipitazioni più rare si hanno in Alta Val Venosta, dove la media annua arriva a soli 70 giorni con precipitazioni di almeno 1 mm. Su scala areale la media si attesta sui 125 giorni all'anno.

 

La durata media dei periodi secchi si riferisce all'intervallo di tempo medio che intercorre fra due giorni di precipitazioni con caduta di almeno 1 mm. Nelle vallate principali a sud della cresta alpina di confine, fra due eventi di precipitazioni trascorrono in media 5-7 giorni (mappa climatica precipitazione :: durata media senza precipitazioni). Nelle vallate settentrionali la durata media dei periodi secchi è di 3,5 – 5 giorni. In generale la diminuzione è modesta all'aumentare dei livelli altimetrici. Le zone d'alta quota delle Alpi calcaree settentrionali e degli Alti Tauri presentano i periodi secchi di minore durata, ridotti a circa 3 giorni. Su scala areale, la durata media dei periodi secchi è di 4,5 giorni.

 

L'evento trentennale di tre giorni di precipitazioni è dato dalla somma delle precipitazioni cadute in 72 ore con una ricorrenza statistica di 30 anni. Almeno una volta ogni trent'anni, cioè, è da attendersi che la quantità di precipitazione indicata cada in un arco di tempo di tre giorni. Settantadue ore di intense precipitazioni possono causare vaste inondazioni, smottamenti e frane. Per ampie zone dell'area considerata, l'evento trentennale di cumulata nelle 72 ore si colloca fra i 140 e 210 mm circa (mappa climatica precipitazione :: valori estremi in tre giorni :: tempo di ritorno 30 anni). Le vallate alpine centrali, tuttavia, sono ben lungi dal raggiungere valori simili. Nella Valle dell'Alto Inn e in Val Pusteria sono localmente nella norma valori di circa 90 mm. Fatta eccezione per le Alpi dell'Ötztal, dello Stubai e le Alpi Sarentine, nelle zone d'alta quota il valore si colloca fra i 180 e i 300 mm. Livelli di precipitazioni fino a 550 mm dovrebbero verificarsi verso le Dolomiti friulane, mentre valori compresi fra i 250 e i 350 mm caratterizzano questi eventi trentennali anche nel fondovalle della Valbelluna.

 

 

Manto nevoso

La parte di precipitazioni che in presenza di temperature sufficientemente basse raggiunge il suolo sotto forma di nevicate, può contribuire all'innalzamento di un manto nevoso.  La presenza di una copertura nevosa ha effetti di rilievo dal punto di vista ecologico ed economico: a causa del fortissimo albedo, la neve fresca riflette circa l´85% della radiazione solare incidente, una quota di irraggiamento che non può quindi contribuire al riscaldamento. A causa delle numerose inclusioni d'aria, con effetto isolante, il manto nevoso rappresenta un'efficace difesa dal freddo per le componenti vegetali sottostanti e le sementi invernali. L'acqua temporaneamente accumulata nel manto nevoso porta a un calo del deflusso idrico in inverno e a un suo aumento all'epoca dello scioglimento della neve, con le note conseguenze per la produzione idroelettrica. Non da ultimo, la pratica di sport invernali e lo sfruttamento turistico della neve determinano la formazione di un substrato nivale. In climatologia si definisce manto nevoso uno strato compatto di neve di almeno 1 cm di altezza. Nelle misurazioni si distinguono l'altezza giornaliera della neve fresca e della neve accumulata (intesa come altezza complessiva della neve), solitamente rilevate alle ore 7:00 del mattino. Il materiale di dati e osservazioni a disposizione per il presente studio ha incontrato anche qui alcuni limiti metodologici: capita, ad esempio, che coltri di neve di breve durata non vengano registrate in occasione delle osservazioni mattutine. Ancor più importante è il problema della forte riduzione della densità di stazioni di misurazione al crescere dell'altitudine. A causa dell'estrema variabilità degli accumuli di neve nei suoli alpini d'alta quota, fortemente frammentati, a causa del trasporto eolico e dello spostamento causato dal distacco delle valanghe, i valori indicati sono da considerarsi approssimazioni teoriche con una rappresentatività spaziale per le aree circostanti. A questo aspetto si vanno a sommare le differenze riscontrabili nelle convenzioni regionali che regolano le osservazioni nonché la mancanza di serie di osservazioni continue nella sezione meridionale dell'area di studio, le quali non consentono purtroppo di fornire una mappatura climatica delle precipitazioni nevose di adeguata qualità per l'intera area di indagine prescelta.

 

Nell'accumulo annuo di neve fresca si sommano le singole altezze giornaliere di neve fresca misurate in un anno. Nel dato non si tiene conto dell'effettiva disgregazione del manto nevoso dovuta ad assestamento, fusione e vapotraspirazione. Lo schema spaziale dell'accumulo annuo di neve fresca appare, a un primo sguardo, strettamente legato all'altitudine (mappa climatica neve fresca :: somma media annuale). A quota 1000 m circa, le Alpi settentrionali ricevono però, con un'altezza di 3-6 m, quasi il triplo della quantità di neve fresca che cade sulle Alpi centrali ad altitudini analoghe. Il fatto è dovuto alle correnti di provenienza nordoccidentale le cui masse d'aria non sono solo cariche di precipitazioni ma anche relativamente fredde. Anche a quota 2000 m circa le Alpi settentrionali ricevono la maggior parte di neve fresca (circa 7-10 m) mentre lungo la cresta alpina di confine e a sud di essa le quantità si riducono di circa il 15-25%. In alta montagna si raggiungono infine enormi accumuli di neve fresca che possono arrivare anche ad oltre 20 m. Al di fuori delle zone di alta montagna i massimi valori si riscontrano nell'Außerfern: l'Hahnenkamm vicino a Reutte (1670 m) registra una media di quasi 11 m di accumulo, Hochfilzen (1000 m) di considerevoli 6,8 m. Sia a Innsbruck (579 m) che a Lienz (661 m), nel corso di un inverno scendono in media 1,1 m di neve fresca. Il minimo spaziale si individua nettamente nelle vallate altoatesine a più bassa quota. A Bolzano (254 m) cadono in media, in una stagione, solo 22 cm di neve.

 

La comparsa/scomparsa del manto nevoso coincide con il primo/ultimo giorno di un anno in cui al mattino si rilevi uno strato nevoso di almeno 1 cm di altezza (mappa climatica neve :: manto nevoso). Gli anni vengono analizzati da agosto a luglio, anziché da gennaio a dicembre, per evitare in questo modo il taglio della stagione nevosa naturale. La durata del manto nevoso che intercorre fra questi due episodi può senz'altro comprendere fasi periodiche di scopertura. Ad altitudini analoghe, il primo manto nevoso si presenta sulle Alpi settentrionali in media da due a tre settimane prima di quanto non avvenga a sud della cresta alpina di confine. Per la data dell'ultimo manto nevoso il rapporto è esattamente inverso. A quota 2000 m, ad esempio, a nord c'è da attendersi già nella prima metà di settembre un primo assaggio dell'inverno, mentre a sud bisogna attendere l'inizio di ottobre. Al contrario, a queste altitudini, l'ultimo manto di neve si scioglie, mediamente, verso il solstizio d'estate nelle Alpi settentrionali e già ai primi di giugno sul versante alpino meridionale. Mentre a quota 1000 m s.l.m. le Alpi settentrionali si presentano coperte da un manto nevoso prevalentemente tra la fine di ottobre e la seconda metà di aprile, sul versante alpino meridionale la prima neve si vede a metà novembre e l'ultima a inizio aprile. A Innsbruck e Lienz il primo manto di neve si forma in media intorno al 20 novembre, mentre l'ultimo strato scompare a cavallo fra marzo e aprile. A Bolzano la durata media del manto nevoso è di sole otto settimane in inverno, da metà dicembre a metà febbraio.

 

L'altezza media mensile della neve definisce nel lungo periodo l'altezza complessiva della neve rilevata a metà (giorno 15) del mese in questione (mappa climatica neve :: media mensile). La frequenza media mensile del manto nevoso indica nel lungo periodo il numero medio di giornate al mese in cui sia presente una coltre compatta di neve di almeno 1 cm di altezza (mappa climatica neve :: frequenza di copertura nevosa). Nel mese di novembre, considerato nel complesso di tutte le altitudini, lo strato di neve presente è ancora relativamente modesto. Le grandi vallate ne sono mediamente prive (Bassa Val Venosta, Valle dell'Adige e Valle Isarco, Bassa Atesina) o solo lievemente coperte (Valle dell'Inn e Val Pusteria). Nelle valli a quota più alta e sulle montagne, l'inverno è normalmente già arrivato. Le condizioni meteo tipicamente portatrici di neve sono in questa stagione dell'anno le correnti da nordovest. Il dato è rivelato ad esempio dalle altezze medie registrate a quota 2000 m: mentre nelle Alpi settentrionali si registrano in media strati di 30 cm di neve, in prossimità della cresta alpina di confine e sul versante meridionale delle Alpi il manto nevoso arriva approssimativamente alla metà. Le altezze medie della neve non sono ovviamente omogeneamente distribuite di anno in anno. È dunque la frequenza del manto nevoso a fornirci, piuttosto, un elemento indicatore della probabilità di comparsa del manto nevoso. Nelle zone a bassa quota intorno ai 500 m, la neve giace al suolo circa 6 giorni nelle Alpi settentrionali, presentandosi invece solo due giorni nelle zone intralpine e sul versante alpino meridionale. L'aumento della frequenza del manto nevoso al crescere dell'altitudine ha uno sviluppo ancora relativamente rettilineo a inizio della stagione nevosa. A quota 1500 m, sulle Alpi settentrionali, la presenza di un manto nevoso si osserva generalmente in 18 giornate, le quali si riducono a 12 sulle Alpi meridionali. A quote ancor più elevate, il divario nord-sud tende sempre più ad annullarsi.  In alta montagna è possibile attendersi ovunque, per quasi tutto novembre, la presenza di un manto nevoso.

 

Nel periodo pre-natalizio, a metà dicembre, l'altezza media della neve, anche nelle vallate a più bassa quota, è appena sopra zero. Bolzano, Merano (330 m) e Bressanone (569 m) arrivano in media a 1 cm, Innsbruck a 4 cm e Lienz a 13 cm. Solitamente, tuttavia, un manto nevoso copre Bolzano solo 6 giorni e Bressanone solo 9 giorni di dicembre. Mentre dunque queste città sono prevalentemente prive di neve nel mese natalizio, Innsbruck e Lienz, rispettivamente con 15 e 18 giorni di manto nevoso, possono sperare in un “white Christmas”. Sulle montagne il manto nevoso cresce rapidamente. A circa 2000 m s.l.m. lo strato raddoppia mediamente nel corso di un mese, arrivando a circa 60 cm sulle Alpi settentrionali e triplicandosi nelle Dolomiti, dove l'altezza del manto nevoso sale a 45 cm. Anche le crescenti correnti da sud originano poi precipitazioni nevose. Protette sia dai fenomeni di Stau da nordovest che da quelli provenienti da sud, la Val Sarentina, le Alpi dello Stubai e dell'Ötztal hanno in media 35 cm di neve in meno.

 

Nel pieno dell'inverno, a metà gennaio, l'altezza del manto nevoso tende a crescere fortemente all'aumentare dell'altitudine. A nord della cresta alpina di confine si rileva, in media, a quota 500 m s.l.m. un'altezza di circa 10 cm, a quota 1500 m di circa 50 cm e a quota 2500 m di circa un metro e mezzo. A sud della cresta alpina di confine i manti nevosi sono leggermente meno spessi: considerata la prevalenza delle perturbazioni nordoccidentali anche in questa stagione dell'anno, sull'Hahnenkamm di Reutte si registrano in media manti nevosi di 1,1 m di altezza, mentre sul Monte Piana (2265 m) nelle Dolomiti di Sesto, nettamente più elevato, lo strato di neve arriva a 67 cm. Per quanto gennaio sia da considerarsi in generale il mese che, a bassa quota, è più ricco di neve, Bolzano supera difficilmente un'altezza media di appena 1 cm. Nel capoluogo altoatesino sono essenzialmente 8 le giornate di gennaio con presenza di manto nevoso contro i 20 giorni di Innsbruck e i 24 di Lienz. A sud di Bolzano la frequenza del manto nevoso aumenta leggermente, considerato che verso i margini montani le precipitazioni sono più frequenti che nelle aree interne protette dai rilievi. Nelle valli a più alta quota e nelle tipiche località di sport invernali il mese di gennaio è quello con la neve decisamente assicurata.

 

Nel mese di febbraio, altezza media e frequenza del manto nevoso tendono nuovamente a diminuire leggermente, a quote basse. Nelle zone di mezza e alta montagna il manto nevoso cresce invece massicciamente facendo raggiungere, nella media areale, la maggiore altezza mensile dell'anno. Nell'intera area si rilevano in media 15 cm scarsi di neve a quota 500 m, buoni 35 cm a quota 1000 m e circa 60 cm a quota 1500 m s.l.m.. Regionalmente, tuttavia, le differenze sono notevoli: mentre nelle Alpi di Kitzbühel a quota 1000 m circa l'altezza del manto nevoso sale in media a 84 cm (Hochfilzen), il livello ristagna nelle vallate dolomitiche interne fermandosi a una media di 8 cm (Lusòn, 981 m). Sul Brennero (1445 m) troviamo in media 65 cm e sul monte Zugspitze (2964 m) ben 2,8 m di neve. La riduzione delle giornate di manto nevoso rispetto al mese precedente è più marcata a sud della cresta alpina di confine che nelle Alpi settentrionali. A Lienz la media si attesta sui 20 giorni, a Innsbruck arriva a 16 e Bolzano conta a febbraio 5 giorni di neve.

 

Nel mese di marzo aumentano i contrasti spaziali nella distribuzione nevosa. Il manto nevoso tende già quasi ovunque a scomparire fino alle zone di mezza montagna (sul Brennero scende a circa 52 cm), ma il netto aumento delle nevicate in alta montagna (con un manto nevoso che sul monte Zugspitze arriva a circa 3,6 m) compensa pienamente questa perdita. L'elevata media areale dell'altezza della neve osservata nel mese di febbraio si mantiene dunque anche a marzo, malgrado l'avanzare della stagione. A Bolzano, Merano e Bressanone l'altezza media della neve tende verso lo zero, ma anche Innsbruck arriva ad appena 1 cm, con Lienz che ne presenta però ancora 6. A quota 2000 m circa è soprattutto nelle Alpi della Lechtal che si rileva il maggiore spessore del manto nevoso (mediamente 1,9 m); nel gruppo dell'Ortles e nelle Alpi Sarentine arriva frequentemente ad appena un terzo di questa altezza. Mentre le zone a bassa quota, nella maggior parte delle annate, sono già prive di manto nevoso, la probabilità di trovare neve in montagna è invariabilmente alta. Ne consegue che le linee di certe frequenze di manto nevoso tendono a concentrarsi in un intervallo altimetrico sempre più ristretto. L'isolinea che segnala una probabilità di manto nevoso del 50% (15 giorni al mese) viene tracciata a quota 700 m circa a nord della cresta alpina di confine e a quota 900 m s.l.m. a sud. Bolzano, Merano e Bressanone sono generalmente coperte di neve solo 2-3 giorni a marzo, contro i 7 del manto nevoso di Innsbruck e gli 11 di Lienz.

 

Nel mese di aprile i contrasti si accentuano ulteriormente. Mentre a metà mese la presenza di un manto nevoso a bassa quota è assolutamente eccezionale e anche nelle zone di mezza montagna è forte il disgelo, in alta montagna, il picco annuo dell'altezza del manto nevoso deve da arrivare. Sul Patscherkofel (2247 m) la neve è alta in media 86 cm, raggiungendo sulla montagna dello Zugspitze altezze di 3,8 m. Nelle località sportive invernali d'alta quota, come Obergurgl (1938 m) e Kühtai (1970 m), si trova ancora una spessa coltre di neve, con un'altezza compresa in media fra i 62 e i 120 cm. Lo scioglimento è più forte nelle Alpi settentrionali fra quota 1000 e 1500 m s.l.m., dove l'altezza della neve, rispetto a metà marzo, è scesa in media di oltre 30 centimetri. Qui sono soprattutto le precipitazioni piovose a contribuire al processo di scioglimento e assestamento. Oltre quota 1300 - 1600 m circa, la presenza di un manto nevoso è tuttavia più probabile di una sua assenza. La zona di passaggio da una bassa a un'alta frequenza di manto nevoso, individuabile nella zona di mezza montagna, è sempre più netta. A quote oltre i 2000 m circa la neve continua ad essere pressoché garantita. A quote più basse, sotto i 1000 m, l'eventuale manto nevoso riscontrato ad aprile non è dato di norma dagli accumuli di neve in fase di progressiva scomparsa, quanto piuttosto da tardivi colpi di coda dell'inverno. Innsbruck e Lienz arrivano in media ad essere coperte di neve un giorno solo in aprile. Alcune zone della Valle dell'Alto Inn, della Val Passiria e le vallate principali altoatesine sono di solito completamente prive di neve.

 

Il numero annuo di giorni di neve fresca comprende i giorni che, nel corso di un intero anno, presentano al mattino uno strato di neve fresca di 1 cm o più. La loro frequenza è principalmente legata all'altitudine. Per l'area di studio nel suo complesso è possibile riscontrare, nella media degli anni, un aumento di circa 42 giorni per 1000 m di altitudine. In cifre assolute, questo dato corrisponde a circa 21 giornate di neve fresca a valle (intorno ai 500 m s.l.m.) e circa 105 giorni di nevicate in alta montagna (a quota 2500 m circa). L'effettiva distribuzione spaziale mostra tuttavia che la maggior parte delle giornate di neve fresca si registrano sul versante nordoccidentale di Stau e in prossimità della cresta alpina di confine (mappa climatica neve fresca :: giorni con neve fresca ≥ 1cm). Località con una media di oltre 50 giorni di nevicate all'anno sono per esempio Achenkirch (904 m), Galtür (1587 m) e Obergurgl. Ma anche nelle zone di mezza montagna del Tirolo orientale e dell'Alto Adige la presenza di neve fresca si osserva in una media in 40 giornate all'anno (Ridanna, 1350 m) fino alle 45 di Obertilliach (1400 m). A Innsbruck la copertura nevosa cresce in media 23 giorni all'anno e a Lienz, dove le nevicate sono più episodiche, cumuli analoghi di neve fresca si osservano solo in 15 giornate. Un valore medio inferiore alle 10 giornate di neve fresca è registrato a bassa quota nelle vallate principali dell'Alto Adige: sono solo 6, per esempio, i giorni di nevicata a Bolzano.

 

Il numero annuo di giorni con copertura nevosa indica il totale delle giornate all'anno che al mattino presentano un'altezza di neve (cumulata) uguale o superiore a 1 cm. Il dato non dipende solo dalla frequenza e quantità delle nevicate bensì anche, in base alle temperature, dalla possibilità di permanenza della neve precedentemente caduta. In questo senso sono le zone alpine d'alta quota a risultare favorite, ma anche le conche e vallate interessate dalla formazione di laghi di aria fredda. La minore frequenza si ha nelle vallate intralpine a bassa quota del versante alpino meridionale; Bolzano, per esempio, è coperta di neve solo 23 giorni all'anno (mappa climatica neve :: giorni con altezza neve ≥ 1 cm). Nel Tirolo settentrionale la frequenza di manto nevoso è almeno doppia; il minimo locale, 53 giorni, si riscontra a Telfs (618 m), nella Valle dell'Alto Inn. A Innsbruck la copertura nevosa si mantiene in media per 63 giorni, a Lienz sono invece 80 all'anno. Al crescere dell'altitudine aumenta sensibilmente anche la frequenza di copertura nevosa, di una decina di giorni fino a quota 1500 m e di una dozzina ogni 100 m di altitudine oltre questa quota. A 2000 m s.l.m., per esempio, ci si può attendere in media una presenza di copertura nevosa in quasi 190 giorni, contro gli abbondanti 220 giorni delle Alpi settentrionali.

 

La media del massimo accumulo di neve annuo consiste nella media sul lungo periodo della massima altezza raggiunta dalla neve in un anno sulla base delle osservazioni quotidiane. Oltre a una dipendenza dall'altitudine e a un divario nord-sud, essa mostra l'esistenza di un contrasto fra zone marginali montane e vallate intralpine (mappa climatica neve :: media della massima annuale). I valori massimi si registrano laddove le condizioni meteorologiche portatrici di neve incontrano le prime barriere montane e le temperature sono inoltre sufficientemente basse da permettere alla neve di rimanere. Fino alle quote di mezza montagna queste circostanze si verificano soprattutto nella zona settentrionale del Basso Tirolo e nella regione dell'Arlberg. Il massimo di accumulo nevoso annuo a quota 1000 m s.l.m. raggiunge qui una media compresa fra 70 e 105 cm, mentre nella regione dell'Ortles e delle Dolomiti arriva appena a 40 cm. A 2000 m di altitudine, ai circa 2,2 m delle Alpi settentrionali si contrappone un'altezza di circa 1,3 m sul versante meridionale delle Alpi. Ad alta quota, anche le Alpi dell'Ortles e gli Alti Tauri, dove i valori massimi raggiungono in media i 6-7 m, mostrano di fungere da efficace barriera. Nella regione dell'Arlberg si registrano in vetta circa 5 m. A Lienz, una volta all'anno, la neve arriva mediamente a 46 cm, contro i 30 di Innsbruck e gli 8 cm di Bolzano.

 

L'evento trentennale di accumulo di neve fresca in tre giorni corrisponde alla quantità di neve accumulatasi in 72 ore con una ricorrenza statistica di 30 anni. Almeno una volta in un trentennio, cioè, c'è da aspettarsi che l'altezza neve indicata sia raggiunta in 3 giorni. Eventi nevosi estremi limitano la vita sociale, ostacolano il traffico e aumentano il rischio valanghe. In media, le nevicate rientranti in un simile evento aumentano di circa mezzo metro ogni 1000 m di altitudine (mappa climatica neve fresca :: valori estremi in tre giorni :: tempo di ritorno 10 anni). Al di sotto dei 2000 m, sono le Alpi settentrionali a ricevere le maggiori precipitazioni nevose. Oltre questa quota, sia sul margine alpino settentrionale che meridionale si registrano analoghi valori estremi. Il dato segnala che le nevicate intense raggiungono l'arco alpino da entrambi i versanti. Considerata la minore temperatura delle masse d'aria di origine settentrionale, il loro potenziale di originare forti nevicate anche a basse quote è più alto sulle Alpi settentrionali: l'evento trentennale si ipotizza quindi sia a Sankt Ulrich am Pillersee (870 m) che a Obertilliach nell'ordine di oltre 1,5 m. Per Lienz si considera pur sempre un accumulo di 1,4 m di neve fresca mentre per Innsbruck solo la metà. In generale si fissano valori molto più bassi per le zone vallive intralpine più protette, dove diffusamente si raggiungono cumulate inferiori al metro. Fra Merano e Bolzano, ma anche intorno a Bressanone, sono già sufficienti 30 - 35 cm di neve fresca caduti in tre giorni per parlare di evento trentennale.

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